Documento redatto a conclusione del convegno di studi Le intercettazioni: intelligence e formazione del perito linguista promosso da Società Italiana di Intelligence (SOCINT) e Osservatorio sulla Linguistica Forense (OLF), con il patrocinio dell’Università della Calabria, degli Studi di Milano, del Salento, degli Studi “G. Marconi” di Roma e di tutte le associazioni scientifiche italiane che si occupano di parlato, Società Italiana di Glottologia (SIG), Società italiana di Linguistica (SLI), Associazione Italiana di Linguistica Applicata (AITLA), Società Italiana di Didattica delle lingue e Linguistica educativa (DILLE), Associazione Italiana di Linguistica Computazionale (AILC), nonché delle Camere penali di Roma, Palermo, Cosenza e Catanzaro. L’evento, tenutosi al Senato della Repubblica, l’8 novembre 2024, per sottolineare l’importanza di riconoscere la figura dell’esperto linguista in ambito forense, proponendo soluzioni concrete alle attuali criticità.
Introduzione
Il presente documento analizza la criticità dell’assenza di una figura professionale riconosciuta dell’esperto linguista forense in Italia, evidenziandone l’impatto sul sistema giudiziario e sulla sicurezza nazionale. Ogni anno in Italia si effettuano circa 181 milioni di intercettazioni, ma le trascrizioni vengono spesso affidate a personale non qualificato, causando potenziali errori giudiziari e inefficienze processuali. L’elaborato propone soluzioni concrete, tra cui l’istituzione di percorsi formativi dedicati, la creazione di un albo professionale e la riforma dell’articolo 221 del Codice di Procedura Penale. L’analisi si basa su contributi di esperti del settore e confronti internazionali, offrendo una roadmap per l’implementazione di queste proposte nel sistema italiano.
Criticità attuali
La professione dell’esperto linguista forense non è formalmente riconosciuta in Italia. Le trascrizioni e le analisi linguistiche vengono spesso affidate a figure senza competenze certificate, con conseguenze quali:
- – errori giudiziari: imprecisioni nelle trascrizioni possono alterare il significato delle intercettazioni, compromettendo le prove;
- – assenza di standard: mancanza di uniformità nella qualità e metodologia delle trascrizioni;
- – ritardi nei processi: errori e incongruenze richiedono revisioni che rallentano i procedimenti giudiziari.
Paolo Pedone, presidente del Consiglio Universitario Nazionale (CUN), ha evidenziato come i concetti di formazione e nuove professioni siano interconnessi, ma non sempre in modo lineare. Alcune professioni emergono autonomamente nel mercato del lavoro, costringendo l’accademia a creare nuovi percorsi formativi. Altre, invece, necessitano di un riconoscimento ufficiale da parte delle istituzioni per essere legittimate e associate a un percorso formativo specifico. Senza tale riconoscimento, la professione non esiste formalmente e le mansioni sono svolte da soggetti con percorsi formativi e livelli di istruzione diversi. È il caso dell’esperto linguista in ambito forense.
La Commissione Giustizia del Senato della Repubblica il 20 dicembre 2022 ha avviato un’indagine conoscitiva sul tema delle intercettazioni, conclusasi il 20 settembre 2023, al fine di raccogliere informazioni tecniche sul fenomeno delle intercettazioni. Sono state ascoltate 46 persone, per lo più appartenenti al mondo del diritto. Inoltre, sono stati auditi 5 tecnici, 4 informatici e un perito elettronico consulente trascrittore. Nessun linguista, o esperto di parlato, è stato coinvolto. Dall’analisi dei verbali si evince che il documento sonoro (udienza, interrogatori e intercettazioni) è sostituito completamente dalla verbalizzazione o trascrizione, cioè dal documento cartaceo. Eppure, tutto ciò che ruota intorno al processo è fatto di parole: testimonianze, interrogatori, requisitorie dei pubblici ministeri, arringhe della difesa, motivazioni delle sentenze e soprattutto, intercettazioni. Tutto ciò viene trascritto e diventa documento, ma non è un esperto ad occuparsene, bensì una persona con percorso formativo qualunque alle spalle. La necessità di una figura professionale qualificata è dimostrata dall’enorme richiesta di consulenze o perizie di trascrizione e di identificazione del parlante.
Secondo l’Eurispes, ogni anno in Italia si effettuano circa 181 milioni di intercettazioni su oltre 140 mila bersagli, dalle telefonate ai messaggi vocali intercettati tramite trojan informatici. Queste attività, centrali per l’accertamento della verità, spesso mancano di supporto specialistico poiché la giurisprudenza italiana considera la trascrizione un’attività “materiale e ricognitiva” e non un’operazione tecnico-scientifica. Un approccio riduttivo che genera errori, come evidenziato dalle sentenze della Cassazione che mostrano discrepanza tra segnale audio originale e trasposizione scritta.
Perché la figura dell’esperto linguista è essenziale
L’esperto linguista forense garantisce accuratezza e affidabilità nelle seguenti attività:
- – Trascrizioni e traduzioni: riproduzione fedele di comunicazioni in lingue, dialetti o gerghi;
- – Analisi culturale e contestuale: decodifica di significati impliciti o criptati;
- – Identificazione del parlante: attribuzione accurata di frasi a specifici individui;
- – Prevenzione degli errori giudiziari: interpretazione multimodale delle comunicazioni (intonazione, pause, silenzi).
Marina Benedetti, presidente della Società Italiana di Glottologia (SIG), ha fatto notare che nella percezione corrente, sembra sussistere una presunzione di conoscenza sulle complesse dinamiche del linguaggio solo perché lo utilizziamo disinvoltamente per comunicare. Tale presunzione è assai pericolosa quando entra nei procedimenti giudiziari e ne condiziona l’esito. Una corretta interpretazione della documentazione forense relativa al parlato e allo scritto può essere offerta solo da specialisti. La fonetica acustica, per esempio, ha un ruolo fondamentale non solo per l’identificazione del parlante ma anche per il recupero dell’informazione linguistica in contesti non ottimali, e la trascrizione delle fono-registrazioni è operazione tecnica tutt’altro che meccanica. Da tempo i linguisti hanno dichiarato la propria capacità e disponibilità a fornire le conoscenze necessarie, inserendo quello forense tra gli ambiti di applicazione delle competenze linguistiche impartite negli insegnamenti universitari.
Quindi, poiché le intercettazioni sono fatte di parole e tutti siamo in grado di ascoltarle, si presume che siamo anche in grado comprenderle di trascriverle, senza necessità di particolari competenze. Esistono invece moltissimi potenziali problemi, legati a quanto detto, in primis quando il Giudice, nella sua qualità di peritus peritorum, ascolta in Camera di consiglio, quindi con portatile e auricolari, le intercettazioni o i passi più rilevanti delle conversazioni captate per giungere al suo proprio convincimento. La Corte di Cassazione ha da sempre affermato che la prova è solo il supporto digitale che contiene la conversazione telefonica o ambientale, mentre la trascrizione costituisce mera trasposizione grafica del contenuto di quel supporto (cfr. Cassazione penale, sez. VI, 28/03/2018, n. 24744: “In tema di intercettazioni di conversazioni telefoniche o ambientali, la prova è costituita dalle bobine e dai verbali, sicché il giudice può utilizzare il contenuto delle intercettazioni indipendentemente dalla trascrizione, che costituisce la mera trasposizione grafica del loro contenuto, procedendo direttamente al loro ascolto”; Cassazione penale, sez. VI, 30/10/1992, in Mass. Pen. Cass. 1993, fasc. 6,12 (s.m.): “La trascrizione delle registrazioni, non soltanto non costituisce mezzo di prova, ma non può neppure identificarsi come una tipica attività di documentazione, fornita di una propria autonomia conoscitiva, rappresentando esclusivamente un’operazione di secondo grado volta a trasporre con segni grafici il contenuto delle registrazioni”; Nota della Cassazione Penale Sez. di 11/03/2002, n°9633: “La prova è costituita dalla bobina. La trasposizione su carta del contenuto delle registrazioni rappresenta solo un’operazione di secondo grado”).
Il giudice ha sempre la facoltà di ascoltare i supporti analogici e digitali contenenti le registrazioni. Prima di redigere la sentenza, se ritiene che le trascrizioni fornite dalla Polizia giudiziaria o dal perito siano insufficienti, può procedere all’ascolto in Camera di consiglio, utilizzando gli auricolari. Tuttavia, l’ascolto può risultare complesso poiché i brani intercettati sono spesso di scarsa qualità acustica e, nella maggior parte dei casi, in dialetto o in lingua straniera. In quest’ultimo caso, il giudice si affida alla trascrizione giurata di un traduttore certificato e iscritto all’Albo dei traduttori. Se la registrazione è in dialetto, il giudice tende a ritenersi competente nell’ascolto, basandosi sulla propria conoscenza dialettale o su quella del trascrittore. Tuttavia, a differenza del traduttore, il trascrittore non possiede una certificazione di competenza nei dialetti e non è iscritto a nessun albo professionale che garantisca tale competenza dialettologica. Si tende a ignorare che lingue e dialetti sono costituiti da repertori di varietà: non esiste quindi un “dialetto calabrese”, ma numerosissime varietà, spesso diverse tra loro. Un giudice, un Pubblico Ministero o un avvocato, anche se calabrese, può non essere in grado di comprendere una varietà locale o situazionale del dialetto che sta ascoltando e, quindi, rischia di compiere errori di interpretazione.
Oltre al contesto forense, queste competenze sono fondamentali anche per l’Intelligence, dove rapidità e precisione nell’interpretazione delle comunicazioni possono prevenire minacce alla sicurezza nazionale.
Mario Caligiuri, presidente della Società Italiana di Intelligence (SOCINT) e direttore del Master in Intelligence dell’Università della Calabria, ha affrontato il tema della collaborazione tra i poteri dello Stato. La società contemporanea si trova nel mezzo di una metamorfosi globale. Internet, entro il 2030, collegherà ogni individuo, creando un sistema interconnesso tanto ricco di opportunità quanto di rischi. La sicurezza informatica diventa in tale contesto un elemento imprescindibile, non solo per proteggere la privacy e i dati sensibili ed evitare manipolazioni, ma soprattutto per sfruttare le straordinarie possibilità di conoscenza offerte dalla Rete.
Caligiuri ha sottolineato l’importanza dell’iniziativa dell’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale che ha avviato un protocollo con il Ministero dell’Istruzione e del Merito per introdurre la sicurezza informatica come materia di studio possibilmente a partire dalle scuole elementari. Questo rappresenta un passo significativo, che equipara il “saper navigare sicuri” a competenze di base come leggere, scrivere e far di conto. Il mondo digitale, tuttavia, presenta una sfida ulteriore: la difficoltà di governare un cambiamento così rapido con strumenti legislativi tradizionali, spesso rigidi e inadeguati. La regolamentazione dell’intelligenza artificiale da parte dell’Unione Europea è stata un’iniziativa necessaria per evitare un “Far West” tecnologico, ma Caligiuri ha sollevato un interrogativo importante: è possibile regolamentare un fenomeno che evolve a una grandissima velocità? Questo interrogativo si lega a una più ampia riflessione sulla carenza di concetti, teorie e strumenti culturali adeguati a descrivere e affrontare i cambiamenti del nostro tempo.
Nel quadro di questa metamorfosi, emerge il ruolo cruciale dell’intelligence e della linguistica forense. La parola, elemento essenziale per comprendere e descrivere la realtà, unisce queste due discipline, che si trovano al crocevia tra giustizia, scienza e tecnologia. Le intercettazioni, centrali nelle indagini moderne, non sono semplici trascrizioni: richiedono interpretazioni complesse che tengano conto del contesto e delle sfumature linguistiche. La linguistica forense, in particolare, si confronta con nuove sfide legate all’avvento dei computer quantistici, che promettono comunicazioni inviolabili, obbligando a ripensare le modalità investigative tradizionali. Per affrontare questa complessità, Caligiuri ha richiamato l’importanza di investire nel capitale umano, sottolineando come l’Intelligence debba integrare competenze tecniche e umanistiche, includendo figure come gli hacker e i filosofi, capaci rispettivamente di acquisire e interpretare informazioni.
L’educazione, per Caligiuri, è il filo conduttore che attraversa tutte queste dinamiche, una priorità sociale e, soprattutto, un elemento indispensabile per garantire una democrazia reale. Occorre riconoscere il valore delle scelte culturali come base per le decisioni politiche e istituzionali, sottolineando come l’Intelligence, l’educazione e la linguistica forense possano contribuire a ridurre l’inevitabile incertezza del nostro tempo. Solo attraverso un investimento nelle competenze umane, nella cooperazione istituzionale e in una rinnovata visione culturale sarà possibile affrontare le sfide di una società in continua trasformazione.
Ascoltare non è comprendere: la trascrizione forense
La comunicazione umana è un processo complesso e multimodale, che va ben oltre la semplice trasposizione di parole. Include infatti elementi fondamentali come la prosodia (intonazione, pause, silenzi) e segnali extralinguistici (movimenti del corpo, tono emotivo), che contribuiscono in modo decisivo alla corretta interpretazione del messaggio. L’attuale prassi trascura questi aspetti, riducendo la trascrizione a una trasposizione grafica delle parole ascoltate, spesso omettendo dettagli critici come il significato di un silenzio o la sovrapposizione delle voci. Questa visione semplificata della trascrizione comporta numerosi rischi. In particolare, il trascrittore, privo di un’adeguata preparazione, potrebbe interpretare erroneamente i contenuti captati, colmare lacune con supposizioni personali o tradurre in modo impreciso elementi dialettali e gerghi. Tali errori, spesso non rilevati, possono compromettere gravemente il valore probatorio delle intercettazioni, causando potenziali ingiustizie. In ambito forense, ogni trascrizione è inevitabilmente una forma di interpretazione selettiva. Il trascrittore compie scelte costanti su cosa includere o escludere, influenzate dal contesto, dalla qualità dell’audio e dalle conoscenze pregresse sul caso. Un segnale audio degradato può spingere il trascrittore a completare mentalmente le parole mancanti basandosi su aspettative culturali o sul contesto, ma ciò introduce un rischio significativo di errore.
Giuseppe Belcastro, presidente della Camera Penale del Tribunale di Roma ha riportato i risultati di un questionario posto ai trascrittori iscritti presso l’Albo dei periti della capitale. Nello specifico, ha sottolineato come ascoltare più volte una porzione di segnale incomprensibile non determina automaticamente una oggettiva intellegibilità. Eppure il 7% del campione ha risposto che se dopo ripetuti ascolti la parola rimane incomprensibile, si inserisce ‘omissis’ (confondendo di fatto il lettore, poiché si ‘omette’ in maniera volontaria qualcosa che si ritiene inutile e non qualcosa che non si comprende), mentre ben il 38%, con la volontà di evidenziare l’impegno nel proprio lavoro (ma ignorando completamente il funzionamento della percezione), ha riportato che si effettua il riascolto fin quando la parola non ‘diventa’ comprensibile. Un ulteriore risultato del test ha riguardato, invece, le conoscenze pregresse, il contesto e quella che Goodwin (1994) definisce la ‘visione professionale’. Una percentuale che supera il 50% del campione intervistato, ha dichiarato di leggere, prima di effettuare la trascrizione di un audio intercettato, le informative di reato e le relazioni di servizio della polizia giudiziaria. Belcastro ha rilevato come il contesto possa determinare il comportamento cognitivo, operazione che non ha nulla a che fare con l’intelligibilità di un segnale sonoro, ma che stimola, anche inconsciamente, l’interpretazione attraverso una chiave di lettura fortemente marcata e sicuramente non neutra o sopra le parti.
Per affrontare queste criticità, serve un cambiamento sistemico che includa il riconoscimento ufficiale della figura dell’esperto linguista forense. Questo professionista dovrebbe essere formato attraverso percorsi accademici strutturati, come lauree o master dedicati, e operare secondo standard chiari e rigorosi. L’obiettivo è garantire trascrizioni che non solo riportino fedelmente le parole, ma che tengano conto di tutti gli elementi comunicativi, contestuali e tecnici, restituendo un quadro il più possibile vicino alla realtà. Il riconoscimento di questa figura richiede un intervento normativo, in particolare una revisione dell’articolo 221 del Codice di Procedura Penale, che attualmente consente al giudice di nominare trascrittori senza criteri specifici di competenza. Parallelamente, magistratura e avvocatura devono acquisire una maggiore consapevolezza dell’importanza delle competenze linguistiche e tecniche nel garantire la qualità delle prove.
Il problema, quindi, è tanto culturale quanto tecnico. L’ascolto non implica automaticamente la comprensione, così come l’abilità di parlare non rende linguisti. In un sistema complesso come quello della giustizia, la trascrizione forense deve essere considerata una scienza a sé stante, richiedendo competenze interdisciplinari che spaziano dalla linguistica alla fonetica, dalla tecnologia alla giurisprudenza. Solo attraverso un investimento in formazione e professionalità sarà possibile migliorare l’efficienza del sistema giudiziario e tutelare i diritti dei cittadini.
Come evidenziato da Antonio Felice Uricchio, già Rettore dell’Università di Bari e presidente ANVUR, siamo di fronte a una trasformazione sostanziale del ruolo dell’esperto linguista nel contesto processuale.
Uricchio ha ricordato che la linguistica forense si inserisce in una tradizione storica consolidata che affonda le sue radici nella filologia attributiva, disciplina che sin dal III secolo d.C. ha sviluppato metodologie rigorose per l’analisi dell’autenticità dei testi. Nel corso dei secoli, questa tradizione si è arricchita attraverso l’integrazione di metodologie moderne e tecnologie avanzate. L’analisi computazionale del linguaggio, la stilometria e le applicazioni dell’IA hanno ampliato le possibilità di indagine, rendendo necessaria una specializzazione sempre più approfondita. La giurisprudenza stessa, attraverso sentenze significative come la Cozzini (Suprema Corte IV Sezione Penale, 43786/10), ha mostrato l’importanza di standard rigorosi per l’affidabilità della prova in ambito processuale.
Questi standard, ha precisato Uricchio, richiedono competenze che solo una formazione accademica strutturata può garantire. Non è più sostenibile affidare analisi linguistiche complesse a professionisti non specificamente formati nel settore, soprattutto quando tali analisi possono influenzare l’esito dei procedimenti giudiziari. Il sistema universitario italiano si trova nella posizione ideale per rispondere a questa esigenza attraverso lo sviluppo di percorsi formativi specializzati. La collaborazione tra mondo accademico, istituzioni giudiziarie e società scientifiche specializzate può garantire la formazione di professionisti capaci di operare secondo i più elevati standard metodologici. L’introduzione di tecniche validate scientificamente, come il sistema del “doppio cieco” nelle intercettazioni, richiede una preparazione che solo un indirizzo proprio può assicurare. Il riconoscimento formale della figura del perito linguista diventa, quindi, un passo indispensabile per l’evoluzione del sistema giudiziario italiano.
Tale riconoscimento, per Uricchio, dovrebbe includere la definizione di un percorso formativo a livello universitario e l’istituzione di un sistema di specializzazione che garantisca modelli operativi elevati e uniformi. La formazione continua e l’aggiornamento professionale costituiscono elementi imprescindibili per assicurare l’elevata qualità delle prestazioni in un campo in evoluzione. La professionalizzazione di questa figura è una garanzia fondamentale per la corretta amministrazione della giustizia, specialmente in un’epoca in cui l’analisi linguistica assume un ruolo centrale nei procedimenti giudiziari. Il riconoscimento istituzionale del perito linguista – ha concluso Uricchio – non rappresenta solo un adeguamento alle esigenze contemporanee del sistema giudiziario, ma costituisce una garanzia per la tutela dei diritti dei cittadini coinvolti nei procedimenti giudiziari.
È possibile misurare la qualità della trascrizione e la sua attendibilità?
Le trascrizioni di intercettazioni ambientali spesso non rappresentano fedelmente l’oralità della conversazione originale. Nelle trascrizioni viene persa la dimensione prosodica, le sovrapposizioni, le pause e i fenomeni paraverbali che caratterizzano il linguaggio parlato. Ciò porta a una rappresentazione lineare e ordinata della conversazione che non riflette la realtà. Questa discrepanza tra registrazione e trascrizione può essere fuorviante per magistrati e avvocati, inducendoli a credere che il testo trascritto corrisponda esattamente a quanto effettivamente pronunciato. Inoltre, la percezione umana tende a essere influenzata dal contesto, portando a interpretazioni diverse rispetto a ciò che è stato effettivamente detto. Tutto questo comporta il rischio concreto che la trascrizione riporti un contenuto difforme da quanto realmente intercettato, compromettendo l’accertamento dei fatti processuali.
Cosa fare?
Per ovviare a questo problema, è necessaria una competenza specifica sul funzionamento della lingua e della percezione, oltre a parametri per stimare l’attendibilità della trascrizione in base al rumore presente e alla qualità della registrazione. Esistono già tabelle basate su analisi percettive, e altre possono essere sviluppate. È fondamentale fissare limiti precisi sotto i quali un segnale audio non può essere trascritto, requisiti minimi di attendibilità, come avviene in altri campi di indagine e accertamento probatorio, come per le impronte digitali o la quantità di sangue necessaria per un’identificazione. Non possiamo continuare a fidarci dell’opinione di un singolo senza competenze certificate. È necessaria la figura professionale di esperto linguista forense, urge costruire percorsi formativi pubblici e far sì che magistratura e avvocatura, nella nomina di un perito o consulente, si affidino a queste figure professionali, intervenendo sull’art. 221 del Codice di Procedura Penale che oggi lascia piena libertà al giudice nella nomina.
Confronto internazionale
In molti Paesi la figura dell’esperto linguista forense è già riconosciuta e regolamentata:
- – Regno Unito: programmi accademici dedicati e frequente impiego nei tribunali.
- – Stati Uniti: ampia diffusione di corsi universitari e certificazioni professionali.
- – Germania: la Germanic Society for Forensic Linguistics promuove la disciplina e la formazione.
- – Italia: alcune regioni come Toscana, Lazio, Marche, Abruzzo, Basilicata e Calabria hanno istituito, grazie alle iniziative promosse dall’Osservatorio di Linguistica Forense (OLF), figure professionali parzialmente analoghe, ma a livello nazionale il riconoscimento è assente.
Proposte operative
Per affrontare le criticità evidenziate, si propone di:
- Istituire percorsi formativi dedicati: lauree triennali, master e corsi di formazione specifici.
- Creare un albo professionale per garantire standard uniformi e certificare le competenze.
- Riformare l’articolo 221 del Codice di Procedura Penale limitando la discrezionalità del giudice nella nomina dei trascrittori.
- Introdurre linee guida obbligatorie basate su parametri di qualità del segnale audio e standardizzazione delle trascrizioni.
- Sensibilizzare magistratura e avvocatura sull’importanza della figura del linguista forense per ridurre errori e inefficienze.
Linee guida e formazione
Le linee guida per individuare le competenze necessarie alla formazione di questa nuova figura esistono già e sono state sottoscritte da tutte le associazioni scientifiche che si occupano di parlato. Il vademecum sulle regole da rispettare nella trascrizione è stato pubblicato dal Ministero dietro sollecitazione del Tavolo permanente delle fonti orali. Ora è compito esclusivo della politica, in sinergia con la magistratura, l’avvocatura e gli altri operatori istituzionalmente coinvolti, prendere consapevolezza del problema e cercare una soluzione. Università, esperti e studiosi sono pronti da tempo e ben disposti a fornire ogni contributo utile.
Conclusione
Il riconoscimento della figura dell’esperto linguista in ambito forense rappresenta un passaggio essenziale per un sistema giudiziario equo ed efficiente. Questo cambiamento richiede non solo volontà politica, ma anche un salto culturale, affinché le competenze linguistiche siano considerate fondamentali per la giustizia e la sicurezza.
Luciano Romito
Prof. Ordinario di Glottologia e Linguistica presso l’Università della Calabria
e Coordinatore dell’Osservatorio sulla Linguistica Forense (OLF) gruppo tematico dell’Associazione Italiana di Scienze della Voce (AISV)